Trasferimento ramo d’azienda: quali garanzie?

2022-12-20 13:53:26 By : Ms. Jay Wong

Che succede ai lavoratori che vengono ceduti ad un’altra impresa? Quali reparti sono esclusi da questa operazione?

La legge consente ad un imprenditore di cedere ad un altro tutta o una parte della propria attività. Perché vuole ritirarsi, perché non riesce a stare al passo con i tempi e trova la persona in grado di dare all’azienda la svolta che a lui non riesce o – nel caso della cessione del ramo d’azienda – perché vuole concentrarsi su un preciso segmento di mercato facendo rendere bene una sola cosa anziché perdendoci su tante. Certo, in questi casi spesso ci vanno di mezzo i dipendenti: che succede quando dall’oggi al domani si trovano di fronte un nuovo datore di lavoro? Hanno le stesse condizioni contrattuali di prima? Con il trasferimento del ramo d’azienda, quali garanzie vengono offerte? Vediamo.

Come anticipato, un imprenditore può cedere una parte della sua attività ad un altro. Si parla, in questo caso, di trasferimento del ramo d’azienda, cioè di un settore dell’impresa funzionale in maniera autonoma e idonea, anche con una successiva ed eventuale integrazione, allo svolgimento dell’attività.

In pratica, e per fare un esempio molto semplice, se io produco posate e stoviglie posso trasferire ad un altro imprenditore la parte di produzione delle stoviglie e concentrare le mie forze su cucchiai, cucchiaini, forchette e coltelli.

Questo per dire che il ramo d’azienda ceduto deve essere un’entità economica organizzata in modo stabile e non destinata all’esecuzione di una sola opera. Il trasferimento deve consentire:

Può essere definito «trasferimento di ramo d’azienda» anche quello che ha per oggetto un solo gruppo di dipendenti (senza il supporto di beni materiali, ma con una particolare esperienza, o comunque, l’utilizzo di copyright, brevetti, marchi) stabilmente coordinati e organizzati, le cui attività interagiscono tra di loro e sono capaci di tradursi in beni o servizi ben individuabili.

Il ramo d’azienda, in quanto entità economica trasferita, mantiene la sua autonomia quando i poteri riconosciuti ai suoi responsabili, nell’ambito della struttura organizzativa del cedente, rimangono sostanzialmente intatti presso il cessionario. Cambiano, certamente, i superiori gerarchici nella nuova realtà imprenditoriale ma ciò non può di per sé pregiudicare l’autonomia dell’entità trasferita.

Passare la mano su una parte della propria azienda non significa che sia possibile trasferire un singolo reparto. Ci sono, infatti, delle realtà all’interno dell’impresa che non costituiscono «ramo d’azienda». Si tratta di:

Il trasferimento del ramo d’azienda interessa solo i lavoratori stabilmente addetti alla parte dell’impresa che viene ceduta. I dipendenti passano insieme i beni ceduti al nuovo imprenditore.

Diverso il caso di chi svolge un’attività «promiscua», cioè quelli impegnati per una parte nel ramo ceduto e per un’altra in un settore che rimane in mano al vecchio datore. La giurisprudenza dice che l’appartenenza del lavoratore al ramo d’azienda deve essere intesa sulla base della prevalenza delle mansioni svolte. Si pensi a chi, nelle sue otto ore di lavoro quotidiano, dedica sei ore all’attività da cedere e due a quella che non viene trasferita.

Il datore di lavoro cedente, che continua lo svolgimento di una propria attività, ha comunque il potere di trattenere presso di sé i dipendenti che prestavano la propria opera nell’ambito del ramo trasferito inserendoli nella parte di impresa non ceduta, sempreché siano tutelate le loro aspettative di professionalità, la continuità dell’anzianità e la loro posizione creditoria.

Quel che conta è che la legge garantisce il proseguimento del rapporto e la salvaguardia dei diritti acquisiti.

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